domenica 18 dicembre 2011

Recensione Vintage: La lettera scarlatta di Nathaniel Hawthorne


Buondì!

Ho rimandato ad oggi la recensione perché ieri sera quando ho tentato di postarla sul blog il pc stava quasi per esplodere. Credo di dover smettere di lasciare il pc acceso giorno e notte, o almeno dovrei spegnerlo ogni tanto XD Vi dico solo che mentre cercavo di aprire un paio di pagine internet ho fatto in tempo a leggere 70 pagine di un libro :-P Purtroppo queste 70 pagine non mi sono bastate per finirlo e quindi ho optato per proporre una recensione vintage.
Dopo aver terminato Quello che ti meriti di Anne Holt ho avuto dei giorni di smarrimento XD Ho iniziato ben 3 libri per la foga di leggere! Mannaggia a me perché io più libri contemporaneamente non li riesco a leggere, inevitabilmente uno prende il sopravvento sugli altri ed ovviamente poi mi tocca iniziare di nuovo gli altri perché non ci capisco più nulla >.>
Comunque la prossima settimana potrete sapere com’è andata a finire XD

Oggi, come dicevo, vi propongo una vecchia recensione che ho postato solo su Anobii. Credo, se non ricordo male, che al momento sia l’unico classico che mi sia veramente piaciuto.

Voto:
Titolo: La lettera scarlatta
Autore: Nathaniel Hawthorne
Traduttore: F. M. Martini

Editore: Newton Compton  (collana Grandi tascabili economici)
Pagine: 160 Formato: Brossura
Prezzo: 6.00€
Isbn: 9788854120549

Trama: La vicenda si svolge nella Boston puritana del sec. XVII. Hester Prinne ha preceduto nel Massachusetts il marito, un anziano scienziato, e ha avuto una figlia, Pearl, da una relazione illegittima. Viene messa alla gogna e condannata a portare sul petto la lettera A (adultera), ritagliata "in un bel panno scarlatto". Rifiuta di dire il nome del suo amante, ma il marito, sotto falso nome, si mette alla ricerca dell'uomo. Riesce a scoprirlo: è il giovane revederendo Dimmesdale, che soffre moltissimo, ma, per orgoglio, non vuole confessare. Pressato dal marito di Hester alla fine confessa pubblicamente la sua colpa, ma stroncato dall'emozione, muore. La lettera scarlatta, libro che rese celebre il nome di Nathaniel Hawthorne, è un mirabile esempio di fusione perfettamente riuscita tra sviluppo tematico-narrativo, delineazione dei personaggi e procedimenti linguistico-stilistici. Hawthorne fa di Ester un personaggio esemplare: mostrando, da un lato, una compartecipazione profonda, ma soffermandosi, dall’altro, in un pensoso e drammatico indugio di fronte alla sua “colpa”, pur condannando l’implacabilità puritana e la violenza moralistico-sociale di cui è vittima.
«Orbene questo straccio scarlatto ché tale ormai era ridotto dal tempo e dall’uso, esaminato con cura, presentava l’aspetto di una lettera.»

L'autoreNathaniel Hawthorne nacque a Salem, nel Massachusetts, nel 1804. Rimasto presto orfano di padre, crebbe nella famiglia della madre. Di carattere schivo e introverso, cominciò giovanissimo a scrivere racconti sulla Nuova Inghilterra puritana. A La lettera scarlatta, il suo capolavoro, seguirono La casa dei sette abbaini, Il romanzo di Valgioiosa, Il fauno di marmo. Morì nel 1864.

Recensione: Prima di tutto devo fare una piccola premessa...Il libro di cui ho inserito i dati non è quello che ho letto io. La mia è una vecchia versione con il prezzo ancora in lire e che non si trova più, per cui ho optato per presentarvi qualcosa di trovabile in giro. Detto ciò:
Devo dire che il libro mi ha preso fin da subito. Non tanto per la storia in se, ma per il modo in cui è scritta. Si vede subito che è un linguaggio più ricercato e non quelle quattro parole ripetute come nei romanzi d'oggi. La storia, come ho accennato poco fa, non è niente di così entusiasmante dato che fin da subito si intuisce chi è il misterioso amante e la fine che poi farà (che tra l’altro capita in modo così anonimo che neanche la lacrimuccia scappa!) C'è da dire che è ammirevole il carattere di Hester. L'ho adorata dal primo momento, da quando sale sul palco della vergogna senza però dar nulla a vedere. Soffrendo in silenzio, ma mostrando agli altri un coraggio da leoni. Riprendendo la sua dignità nonostante quella A che porta sul petto e della quale fa bella mostra invece di vergognarsi e nasconderla. E' anche un bello specchio sulla società che prima condanna e mortifica una persona per poi dimenticarsi totalmente il suo peccato nel momento in cui questa diventi misericordiosa e generosa nonostante tutto il male che le è stato fatto. E' anche molto bello l'aspetto psicologico di Hester soprattutto nei primi capitoli dove si ritrova a vivere da sola con la figlia del peccato che tanto ama, ma che comunque non è altro che un picchio che sa battere solo dove duole il dente! Come la odio quella bambina! Non so come Hester abbia fatto a sopportarla, ma forse la pecca è anche da parte sua dato che vivendo sempre da sole, isolate dalla comunità, avrebbe potuto insegnarle un pò di educazione anzichè lasciarla libera come uno spirito selvaggio. Non si può poi lamentare se non sa stare zitta nei momenti in cui deve, rispondere a modo ed ubbidire.
Però si...Mi è piaciuto veramente tanto *-* Forse anche perchè mi lascia il ricordo di ciò che ho letto, e per la prima volta mi sono segnata delle citazioni che mi hanno colpita, a differenza di molti altri libri.

Citazioni: "Taci, Hester- taci!" rispose il vecchio con fosca severità. "Non mi è concesso perdonare. Non ho il potere di cui tu parli. La mia antica fede, da un pezzo dimenticata, si risveglia in me e mi spiega tutto ciò che facciamo e tutto ciò che soffriamo. Con il tuo primo passo falso tu hai piantato il germe del male, ma da allora tutto è stato un'ineluttabile necessità. Voi che mi avete offeso non siete in peccato se non per effetto di un pregiudizio illusorio; e neppure io che ho strappato a un demonio il suo compito sono demoniaco. E' il nostro destino. Lasciamo che il nero fiore sbocci come può! E adesso va per la tua strada e comportati con quell'uomo come credi."

"Mamma," osservò a un certo momento la piccola Pearl "il sole non ti vuole bene. Scappa e si nasconde perchè ha paura di qualcosa che hai sul petto. Ecco, guarda! Adesso è laggiù che gioca lontano. Tu resta qui che io corro a prenderlo. Non sono che una bambina. Da me non fuggirà perchè io sul petto non porto ancora niente!"

V'era svogliatezza nel suo passo, come s'egli non vedesse motivo di proseguire oltre nè avesse alcun desiderio di farlo ma sarebbe stato felice, amesso che qualcosa potesse renderlo felice, di buttarsi ai piedi dell'albero più vicino e restare così inerte per sempre. Le foglie lo avrebbero ricoperto e il terriccio si sarebbe a poco a poco accumulato a formare un piccolo tumulo sul suo corpo, che contenesse ancora vita o no non gli importava. La morte era qualcosa di troppo definito per essere desiderata o evitata.


Nessun commento:

Posta un commento

Se vuoi essere aggiornato sugli ultimi commenti pubblicati per questo post clicca su Iscriviti per email.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...